La storia - come si è giunti alla "fondazione"
In data 12 febbraio 1957 moriva in Finalborgo Giuseppina Brunenghi. La defunta lasciava un testamento olografo, datato 30 maggio 1944 depositato presso il notaio Giulio Antonietti di Torino, con il quale nominava ed istituiva erede universale di tutti i suoi beni l’Opera Pia "piccola Casa della Divina Provvidenza" detta Cottolengo, di Torino.
Dopo una elencazione analitica degli immobili, costituenti il patrimonio della defunta e situati in zona castelleonese, seguiva la clausola: "In questo mio palazzo e case annesse il Cottolengo istituirà un’opera che torni a vantaggio materiale, morale e religioso di quella popolazione castelleonese e se il Cottolengo lo crederà, anche della plaga circostante".
L’adempimento d’una tale clausola comportava per il Cottolengo il superamento di difficoltà che i suoi amministratori ritenevano non essere conciliabili con le loro possibilità. La clausola testamentaria condizionante il Cottolengo alla istituzione di un’opera da attuarsi in Castelleone e a favore della popolazione castelleonese, coinvolgeva ovviamente anche l’attenzione e la vigilanza dell’amministrazione comunale di Castelleone. Fu il sindaco in carica: avv. Pietro Sentati affiancato dal Parroco di Castelleone, Mons. Genesio Ferrari, che avviò i primi contatti con gli amministratori della Piccola Casa della Divina Provvidenza. Lo scopo ovviamente era quello di indurre il Cottolengo a dare esecuzione agli obblighi conseguenti alla accettazione della eredità Brunenghi avvenuta con sua deliberazione del 14 agosto 1957.
Scaduta l’Amministrazione comunale retta dal sindaco Sentati, da quella che succedette vennero continuati ed anche intensificati gli incontri e le richieste per indurre il Cottolengo ad assolvere gli obblighi imposti dalla testatrice. Su proposta del sindaco prof. Angelo Malfasi, venne affidato incarico di assistenza e consulenza legale, per la tutela del buon diritto dei castelleonesi, all’avv. Walter Galantini di Casalmaggiore. Risultando scartata dal Cottolengo la soluzione di gestire in proprio una Casa per Anziani in Castelleone, veniva avanzata al superiore generale dello stesso Cottolengo la proposta di costruire in Castelleone un asilo infantile o scuola materna. Tale proposta fu immediatamente bocciata dalla Sig.ra Martinengo (esecutrice testamentaria) la quale con lettera indirizzata al sindaco e datata 24.2.1965, così si esprimeva: "Il lascito è per i vecchi e non per i bambini, io esigo che sia rispettata la volontà (della testatrice) o rinunciare s’intende alla proprietà, all’eredità Brunenghi". E in altra lettera al sindaco "…Nel palazzo Brunenghi deve sorgere la casa di ricovero per poveri vecchi a beneficio della zona di Castelleone. Non si parla di asilo infantile".
Gli amministratori del Comune facevano notare che non sussistevano da parte loro riserve di alcun genere alla costruzione della casa di riposo, ma l’ostacolo reale a questa realizzazione nasceva dalla volontà di fare edificare la "Casa" in via Roma, nel palazzo "Brunenghi" in quanto, scrive l’avv. Galantini "le autorità sanitarie esigono oggi, per simili case di riposo: ampiezza di area, vastità di giardini, ampiezza di verde, ecc. ecc…. per cui attesa l’insufficienza dell’area Brunenghi, l’idea del Comune di costruire altrove viene a conciliarsi con le nuove esigenze sanitarie".
In un incontro tenutosi il 23 ottobre 1966 tra i rappresentanti del Comune di Castelleone, la sig.ra Martinengo e i rappresentanti del Cottolengo, si giungeva alla conclusione: di cedere in proprietà al Comune o all’Ente Comunale di Assistenza di Castelleone tutti i beni immobili esistenti a Castelleone e costituenti l’asse ereditario; di derogare alla volontà della testatrice per quanto attiene alla sede dell’opera, col consenso unanime che questa si facesse in località diversa dal Palazzo Brunenghi. La procedura non veniva approvata dalla Prefettura di Torino la quale prospettava al Cottolengo di costituire, d’intesa con il Comune di Castelleone e con l’E.C.A., un’opera dotata di personalità giuridica e quindi legalmente approvata, alla quale il «Cottolengo» doveva conferire i beni ereditati. Per creare detta opera, si costituì un comitato promotore, con membri nominati dai tre Enti interessati e con l’incombenza di prendere tutti i provvedimenti necessari a tal fine. Fece quindi seguito il laborioso iter giuridico-burocratico del comitato che portò alla costituzione, al riconoscimento giuridico e all’approvazione dello statuto della "Fondazione Giuseppina Brunenghi" da parte delle autorità competenti.